sabato 18 maggio 2013

oltre l'Universo conosciuto

E se la vita extraterrestre fosse
dove non la stiamo cercando?

Secondo una ricercatrice americana, la gamma di esopianeti abitabili che potrebbero ospitare condizioni favorevoli alla vita sarebbe ben più ampia di quanto ipotizzato

di Marc Kaufman
astronomia
Una riproduzione artistica della stella Gliese e dei quattro pianeti del suo sistema planetario che potrebbero ospitare la vita. Illustrazione di Dana Berry, National Geographic
I ricercatori, negli ultimi decenni, hanno scoperto che la nostra Via Lattea, così come miliardi di altre galassie, è piena zeppa di pianeti extrasolari. La questione molto complessa e dibattuta che rimane da chiarire è se qualcuno di loro può effettivamente ospitare la vita.

Gran parte degli scienziati ritiene che la ricerca di pianeti potenzialmente abitabili debba concentrarsi su pianeti rocciosi che orbitano in una zona ben precisa attorno alla stella madre. Condizioni, queste, che consentirebbero la presenza di acqua allo stato liquido in superficie.

Ma in un provocatorio articolo di commento pubblicato questa settimana sulla rivista Science, il fisico teorico Sara Seager del Massachusetts Institute of Technology sostiene che le condizioni per l'abitabilità potrebbero essere più comuni di quanto generalmente pensato.

Seager, pioniera nello studio delle atmosfere dei pianeti extrasolari, dipinge un quadro diverso dal solito della tipologia di pianeti che potrebbero ospitare la vita. "La premessa di base è che, per essere abitabile, un pianeta debba avere acqua liquida", spiega in un'intervista. "I
pianeti con atmosfera sottile vengono riscaldati principalmente dalla propria stella. Ma ciò che più di ogni altra cosa regola la temperatura di superficie sono l'effetto serra, i tipi di gas presenti in atmosfera, e quanto pesante è l'atmosfera. Questo è quello che dobbiamo davvero capire".

Non il solito pianeta

Con queste coordinate in mente, Seager descrive come l'acqua e la vita potrebbero trovarsi anche su pianeti di grandi dimensioni orbitanti la propria stella madre a distanze dieci volte superiori rispetto alla distanza Terra-Sole se solo, per esempio, le atmosfere di questi pianeti contenessero abbastanza idrogeno gassoso.

L'idrogeno, spiega Seager, crea un effetto serra molto più potente di quello presente nella nostra atmosfera, e potrebbe quindi mantenere al caldo la superficie di un pianeta che riceve poche radiazioni dalla sua stella.

Anche pianeti relativamente secchi e più vicini ai propri Soli potrebbero essere abitabili, secondo Seager. Questi pianeti hanno infatti bisogno di meno acqua per creare temperature adatte alla vita sulla loro superficie dal momento che l'umidità atmosferica è il gas serra più efficace di tutti.

Seager ha descritto Venere come un esempio dinamico di instabilità: il pianeta, un tempo ricco d'acqua, è ora inabitabile a causa della troppa umidità che ha dato vita a un effetto serra fuori controllo. Un Venere più secco e più giovane, spiega, sarebbe potuto evolvere in un pianeta piuttosto abitabile.

Anche i pianeti che non orbitano attorno a nessuna stella - i tanti pianeti che fluttuano liberamente - potrebbero ospitare la vita, secondo Seager. Avrebbero però bisogno di calore generato dai processi radioattivi o da altri processi all'interno loro nuclei, nonché dei giusti gas per mantenere il calore nell'atmosfera. "Se c'è una lezione importante da imparare dagli esopianeti," scrive Seager su Science, "è che tutto è possibile nel rispetto delle leggi della fisica e della chimica".

La ricerca astronomica di pianeti extrasolari in questi ultimi anni è stata uno straordinario successo, e molti pianeti sono stati scoperti in quelle che vengono considerate le "classiche" zone abitabili.

Segni di vita

Il prossimo passo per i ricercatori è quello di imparare a identificare nelle atmosfere gli elementi e i composti che sono considerati una traccia della possibile presenza di vita. E questa è la specialità di Seager.

Sulla Terra, per esempio, la presenza di grandi quantità di ossigeno atmosferico è un segno sicuro della presenza di vita perché, in mancanza di un rifornimento costante, l'ossigeno legherebbe rapidamente con altri elementi e scomparirebbe. Nelle atmosfere degli esopianeti, altri composti come ozono e metano, specialmente in combinazione con l'ossigeno, possono essere considerati segni di possibile vita extraterrestre.

Secondo James Kasting, esperto di esopianeti della Pennsylvania State University, le opinioni di Seager sulle possibili diverse condizioni di abitabilità nei vari pianeti extrasolari sono simili a quelle di altri membri della comunità scientifica. La sfida e le difficoltà maggiori risiedono però nell'enfasi con la quale Seager indica questi pianeti come obiettivi per le future ricerche.

Gli sforzi, da parte della NASA, di lanciare un telescopio orbitante che riesca a rintracciare e analizzare le atmosfere degli esopianeti si sono infatti rivelati di difficile pianificazione - e spesso sono rimasti frustrati.

Un occhio nel cielo

Un precedente progetto di costruzione di uno strumento del genere, il Terrestrial Planet Finder (TPF), è stato abortito a causa dell'esorbitante prezzo previsto: più di 5 miliardi di dollari. "Il telescopio che speriamo un giorno verrà costruito deve essere progettato per cercare particolari tipi di pianeti", ha detto Kasting. "Molti di noi credono che un telescopio TPF a caccia di pianeti nelle più tradizionali zone abitabili abbia più possibilità di successo rispetto a un telescopio che cerchi esopianeti ricchi di idrogeno o con altre caratteristiche al di là di quelle che oggi compendiamo meglio".

Ma se una missione TPF è ancora un'ipotesi remota, la NASA ha recentemente approvato lo sviluppo di un altro satellite per la ricerca di esopianeti chiamato Transiting Exoplanet Survey Satellite (TESS), il cui lancio è previsto per il 2017. TESS cercherà pianeti extrasolari nei dintorni di 500.000 stelle fredde e piccole (di classe spettrale M) relativamente vicine al nostro sistema solare. Per confronto, il telescopio spaziale Keplero è oggi alla ricerca di esopianeti in una regione contenente 150.000 stelle a centinaia di anni luce di distanza.

Da solo TESS non sarà in grado di fornire informazioni significative sulle atmosfere degli espopianeti. Ma potrà farlo in collaborazione con il James Webb Space Telescope - "se siamo fortunati", ha aggiunto Seager. Il lancio del telescopio spaziale James Webb è in programma per il 2018.

Seager conclude il suo articolo scrivendo che, nonostante gli ostacoli, "il campo della ricerca e della caratterizzazione di esopianeti è sulla buona strada per capire appieno le condizioni di abitabilità e per trovare mondi abitabili".

Questo non significa necessariamente che la vita extraterrestre esista, o che qualsiasi possibile osservazione futura porterà con sé alcuna nuova certezza, ha detto. Ma almeno stiamo imparando sempre meglio a guardarci intorno.
(14 maggio 2013) fonte  :http://www.nationalgeographic.it

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