mercoledì 6 novembre 2013

CIO' CHE ANCORA DOBBIAMO SCOPRIRE

Detail-callicebus caquetensis-¬ thomas defler (2)


foresta amazzonica racchiude in sè sempre nuove sorprese.Tra queste una simpaticascimmietta, i cui cuccioli hanno la peculiarità di fare le fusa, come i gatti. Ma questo mammifero non è che una delle tante nuove specie che sono state scoperte tra il 2010 ed il 2013 in Amazzonia da un gruppo di scienziati, il cui lavoro è stato raccolto dalWwf, che ne presenta ora i risultati.
Nell’arco di quattro anni, in tutto sono state trovate 441 nuove specie tra animali e piante(innumerevoli invece le specie di insetti e invertebrati), molte delle quali endemiche, uniche della Foresta Amazzonica e vulnerabili alladeforestazione, il che le rende un patrimonio unico da conservare, come precisa anche  Claudio Maretti, Leader della Living Amazon Initiative del Wwf. In particolare sono state identificate 258 nuove piante, 84 pesci, 58 anfibi, 22 rettili, 18 uccelli e un mammifero. 
Tra le nuove specie scoperte se ne possono citare alcune particolari, per così dire. Ecco allora la rana grande come l’unghia di un pollice, Allobates ammissibilis, un anfibio in pericolo di estinzione, o ancora il piranha vegetariano (Tometes camunani), che si nutre della vegetazione che cresce tra le rocce delle acque dolci in cui vive. E ancora il colorato serpente che prende il nome dal professor Challenger de "Il mondo perduto" di Arthur C. Doyle, il Chironius challenger e la scimmia caqueta titi, Calicebus caquetensis, una delle venti scimmie della specie titi che vivono in questa regione, i cui piccoli quando sono contenti emettono suoni simili alle fusa dei gatti.
Riferimento: Wwf

giovedì 17 ottobre 2013

LA LUNA A UN TIRO DI SCHIOPPO!

Mai vista la Luna così vicina alla Terra Il nostro pianeta sarebbe spacciato se non ci fosse la Luna. Lo stesso accadrebbe se si avvicinasse pericolosamente: effetti drammatici sulla vita di tutti gli esseri viventi. E se la Luna si trovasse a 420 chilometri di distanza dalla Terra? Come sembrerebbe? E cosa succederebbe al nostro pianeta? È una circostanza quasi impossibile, anche perché il nostro satellite naturale tende ad allontanarsi e non ad avvicinarsi, ma c'è chi, sul web, ha provato a immaginare come sarebbe la Luna alla stessa distanza, più o meno, della Stazione Spaziale Internazionale. Ad oggi la distanza fra la Terra e il suo satellite è di 384.400 chilometri, cifra che potrebbe aumentare nel corso di migliaia di anni, come dice Luis Barbier, astrofisico del Goddard Space Flight Center della Nasa, ma solo fino a quando l'orbita della Luna raggiungerà un'ampiezza maggiore del 50 per cento di quella attuale. Qualche tempo fa abbiamo anche provato a immaginare cosa ne sarebbe di noi se vivessimo senza Luna, quali sarebbero gli effetti sulle maree, sull'asse e sulla rotazione terrestre. Ne è venuta fuori un'analisi quasi catastrofica. E se accadesse il contrario? Se la Luna si avvicinasse più del dovuto? A quella distanza (poi più di 400 km) sorgerebbe da ovest e tramonterebbe a est (cosa che non accade nella realtà). La Luna orbita intorno alla Terra in senso antiorario se vista dal polo nord verso il basso in maniera sincrona alla Terra e normalmente in maniera molto più lenta. A quella distanza, invece, la sua velocità aumenterebbe notevolmente (un giro completo in 90 o 130 minuti). La Luna e la Terra sono sempre alla stessa distanza grazie a due forze opposte: gravitazionale/centripeda (che la attrae) e centrifuga (che la allontana a causa del suo moto di rotazione). I due corpi celesti si stirano lungo la linea che li unisce, ma se il satellite supera la distanza di sicurezza misurata rispetto al centro del nostro pianeta le forze di marea lo allungano così intensamente da superare la sua gravità che lo tiene insieme fino a farlo letteralmente a pezzi. Questa deadline si chiama limite di Roche, e dipende dal raggio del corpo celeste più grande (la Terra) e dal rapporto tra la sua densità e quella del satellite (la Luna). Se la distanza diminuisse così drasticamente la forza gravitazionale aumenterebbe a dismisura, rischiando, prima o poi, di schiacciarci. Questo solo se non aumentasse anche la rotazione e in quel caso si manterrebbe un equilibrio. Di sicuro avremmo un mese più corto (non di più di circa 30 giorni). Le maree subirebbero delle conseguenze importanti e le acque verrebbero sicuramente ridistribuite, provocando maremoti e tsunami. Drammatiche conseguenze anche sulle terre emerse e sulla crosta terrestre, con conseguenti terremoti. Per non parlare di impensabili ripercussioni sul clima e sulla vita di essere umani, animali e piante. Come detto sono eventualità abbastanza improbabili per diversi motivi. Prima di tutto la Luna si allontana di 3,5 cm l'anno e poi se si avvicinasse, in base al principio della linea di Roche, la nostra Luna sarebbe distrutta alla distanza di 18.261 km. In quel caso verrebbe a crearsi una cintura di detriti attorno alla Terra come quella di Saturno.

sabato 5 ottobre 2013

MADRE TERRA E POI?

Terra vivibile per altri 1,75 miliardi di anni. Tranquilli terrestri, poi andremo su Marte Un gruppo di scienziati americani guidati da Andrew Rushdie ha studiato la durata della 'vivibilità' del pianeta. Aspettando di entrare nella 'zona calda' del Sole, gli esseri umani potrebbero deteriorare l'ambiente ed estinguersi molto prima. Per questo si stanno cercando altre alternative e sembra che il Pianeta rosso sia il favorito Lo leggo dopo Terra vivibile per altri 1,75 miliardi di anni. Tranquilli terrestri, poi andremo su MarteWASHINGTON - Basandosi sulla distanza dal Sole e sulle condizioni necessarie per mantenere l'acqua allo stato liquido, uno studio della University of East Anglia, in Gran Bretagna, ha decretato che la vita sulla Terra potrà durare ancora 1,75 miliardi di anni. Dopo di che il pianeta entrerà nella "zona calda" del Sole provocando l'evaporazione delle acque e l'estinzione della vita. Stando alla ricerca, pubblicata sulla rivista Astrobiology, la Terra diventerà inabitabile tra 1,75 e 3,25 miliardi di anni a partire da adesso. Ma questi risultati non tengono conto delle variabili "umane". "Naturalmente - ha spiegato Andrew Rushby, autore dello studio - le condizioni di abitabilità accettabili per esseri umani e altre forme di vita diventeranno difficili molto prima: un processo accelerato dai cambiamenti climatici di origine antropica. Gli esseri umani saranno in difficoltà già con piccoli aumenti di temperatura e, in prossimità della fine, solo certi microbi in ambienti nascosti potranno sopportare il calore". Stabilire il periodo di abitabilità della Terra è importante per evidenziare i tempi di evoluzione delle forme di vita complesse. Stando alle parole di Rushdy, questo lavoro "permette di capire la capacità degli altri pianeti di ospitare forme di vita". Studiando i tempi di evoluzione sulla Terra, il team di ricercatori ha ipotizzato che per svilupparsi, le forme 'intelligenti' necessitano di moltissimo tempo. "Naturalmente - sottolinea lo studioso - gran parte dell'evoluzione è soltanto questione di fortuna. Ma attraverso il nostro studio abbiamo capito che specie intelligenti come gli esseri umani non potrebbero emergere dopo pochi milioni di anni. Basta pensare che l'uomo per evolversi ha impiegato un tempo pari a 75% della vita 'abitabile' del pianeta". Gli astronomi hanno individuato circa 1.000 pianeti fuori del nostro sistema solare. La Terra è stato confrontata con otto attualmente in fase abitabile, tra cui Marte. "Se dovessimo trasferirci in un altro pianeta, Marte sarebbe sicuramente la meta favorita" ha detto Rushby. E spiegando il motivo di questa decisione lo scienziato ha sottolineato che il Pianeta rosso "è 'molto vicino alla Terra e rimarrà in una condizione di abitabilità fino alla fine del ciclo di vita del Sole, circa 6 miliardi anni".

sabato 20 luglio 2013

DNA PROGETTO ALIENO ?




DNA Progetto Alieno


Un messaggio alieno è codificato nel nostro DNA? È questa la rivoluzionaria conclusione dello studio di due scienziati kazaki. L’analisi della struttura del DNA mostra sorprendenti analogie con un linguaggio complesso di tipo artificiale. È quello il luogo dove possiamo cercare l’origine aliena della razza umana?
La risposta se siamo soli nell’universo potrebbe essere proprio sotto il nostro naso, o, più letteralmente, all’interno di ogni cellula del nostro corpo. I nostri geni potrebbero nascondere il “timbro del produttore” intelligente al loro interno, codificatovi eoni fa altrove in qualche luogo del cosmo. Tale “griffe” sarebbe un timbro indelebile di una maestra civiltà aliena che ci ha preceduto di milioni o miliardi di anni. Il suo lascito finale si sarebbe diffuso nella Via Lattea “a immagine e somiglianza” biologica. È quello che hanno ipotizzato lo scorso mese di marzo due scienziati kazaki, il matematico Vladimir I. shCherbak dell’Università Nazionale del Kazakistan al-Farabi, e Maxim A. Makukov dell’Istituto Astrofisico Fesenkov. I due studiosi ipotizzano che un segnale intelligente potrebbe essere incorporato nel nostro codice genetico attraverso un messaggio matematico e semantico che non è coerente con l’evoluzione darwiniana. Lo chiamano “SETI biologico” e, sostengono, abbia maggiore longevità e possibilità di essere rilevato rispetto a qualsiasi altra forma di segnale extraterrestre. In un articolo scientifico pubblicato sulla rivista Icarus dal titolo “The Wow! Signal of the terrestrial genetic code”, affermano: «Una volta fissato, il codice potrebbe rimanere invariato su scala temporale cosmologica, essendo la più durevole struttura conosciuta. Costituisce quindi una memoria eccezionalmente affidabile per una firma intelligente. Una volta che il genoma è opportunamente riscritto, il nuovo codice con la firma inseritavi rimarrà congelato nella cellula e nella sua progenie e potrebbe quindi essere spedito attraverso lo spazio e il tempo». Per superare il test di progettazione, questa firma deve possedere modelli nel codice genetico statisticamente molto significativi e funzioni intelligenti che non sono coerenti con qualsiasi altro processo naturale conosciuto. I due scienziati, nella loro analisi dettagliata, sostengono che il genoma umano mostri proprio un approfondita precisione e ordine nella mappatura dei nucleotidi del DNA e negli aminoacidi. «Accordi semplici del codice – hanno scritto i due – rivelano un insieme di impronte aritmetiche e ideografiche tipiche del linguaggio simbolico», con l’uso della notazione decimale, trasformazioni logiche e l’uso del simbolo astratto dello Zero. «Accurate e sistematiche, queste impronte appaiono come un risultato di assoluta precisione» hanno scritto.
Questa interpretazione li porta a una sola conclusione: che il codice genetico «sembra sia stato inventato al di fuori del sistema solare diversi miliardi di anni fa», una dichiarazione che offre credito all’idea della panspermia, l’ipotesi che la Terra sia stata inseminata di vita interstellare. Una sorta di conquista della galassia basata sull’eternità di un’impronta genetica aliena studiata e impiantata ovunque da super-esseri.
Tuttavia, ci sono altre possibilità alla possibilità di un Disegno Intelligente nel nostro genoma. Che l’Universo sia una sorta di Matrice, simile ad un programma informatico (idea che ha fatto la fortuna della triologia cinematografica di Matrix). L’idea che qualche programmatore ha generato il codice genetico della vita nell’“universo modello” è coerente con i suggerimenti degli autori.
Lo studio dei due scienziati kazaki si inserisce nella lotta tra i sostenitori dell’evoluzionismo darwiniano e quelli di una corrente alternativa di pensiero chiamata “Teoria del Disegno Intelligente”. Un insieme di scienziati che sostengono l’inadeguatezza delle attuali teorie scientifiche relative alla nascita e all’evoluzione della vita. Più specificamente questi affermano che l’evoluzione delle specie enunciata da Darwin presenta troppi punti oscuri e che le specie viventi hanno avuto troppo poco tempo per poter evolvere nelle forme diversificate che vediamo oggi. Dunque la risposta a queste inadeguatezze è stata la nascita del Movimento del Disegno Intelligente, i cui membri sostengono che una forma di intelligenza ha agito in un preciso momento della storia universale per provocare i “salti evolutivi” che Darwin e la sua teoria non sono stati in grado di spiegare. Non si tratta però della ridefinizione scientifica del Creazionismo biblico, né il Disegno Intelligente si esaurisce alle specie viventi. Questo infatti estende il progetto creativo del Disegno Intelligente all’intero universo (o multiverso). Per quanto incredibile, sono scienziati ad affermarlo, dunque le loro affermazioni vanno prese seriamente, anche in considerazione del fatto che tale Disegno Intelligente sembra sposarsi perfettamente con quanto affermano tutte le grandi tradizioni spirituali e le loro Dottrine di Sapienza.
Un’intelligenza creatrice
Uno dei sostenitori di questa visione è lo spagnolo Antonio Martinez (foto in ultima pagina), dottore in medicina e oftalmologia, membro dell’associazione internazionale Medici e Chirurghi per l’Integrità Scientifica il quale, in un’intervista rilasciata al giornalista David Zurdo, ha affermato: «La teoria del Disegno Intelligente si limita ad offrire un altro paradigma alla biologia, un altro modello, che si basa sulla prova che nello sviluppo delle specie viventi è intervenuta un’intelligenza non necessariamente ascrivibile ad alcun libro sacro. Semplicemente constata che la vita non si può spiegare con il fattore “caso”, con il trascorrere del tempo o con l’intervento di mutazioni. In base a ciò, la biologia deve cambiare modello, accettando che la complessità delle informazioni immagazzinate nel DNA, all’interno del nucleo di una cellula, non può essere attribuita solo a questi fattori. Dunque il Disegno Intelligente propone un nuovo sistema di intendere la biologia, non darwinista, che implica la necessità di questa intelligenza nel disegno della vita. Darwin parlava di “selezione naturale” attraverso un meccanismo per cui il più forte sopravvive. Il Neodarwinismo parla delle mutazioni alla base del meccanismo di selezione naturale. Ma oggi, con la conoscenza del materiale genetico, con la conoscenza del fatto che le leggi dell’esistenza risiedono nel carico genetico di ciascuna specie, ci troviamo di fronte a una grande domanda: come è stato possibile che una specie si sia evoluta in un’altra più complessa? Le mutazioni avanzate dai neodarwinisti non sono in grado di spiegarlo in quanto una minima mutazione del patrimonio genetico o non produce nulla oppure produce infermità e morte. Le mutazioni positive sono una chimera teorica e non una realtà sperimentale. Non si conosce nessun meccanismo biologico che produca un incremento delle informazioni nel DNA in una specie per migliorarla». Dunque Martinez disconosce, come i suoi colleghi aderenti al nuovo paradigma, il darwinismo e i suoi meccanismi, sebbene l’Intelligenza da questi chiamati in causa non sia quella dei libri sacri. Dunque, anche il Disegno Intelligente, stando alle parole di Martinez, sebbene ascriva a un’intelligenza la genesi della Vita, non specifica di quale intelligenza si tratti, lasciando un alone irrisolto sulla sua natura, chiarendo solo che la teoria non parla di Dio, o almeno non del Dio dei libri sacri.
Il DNA e la geometria del Cosmo
Se andiamo a osservare la struttura stessa del DNA, ci rendiamo conto di come questa sia profondamente legata alle forme universali e macrocosmiche, a conferma di un Disegno Intelligente non solo teorizzato, ma reale, fatto di matematica e geometria all’interno della natura. Il DNA di cui stiamo parlando è infatti una doppia spirale, un binario scalare che è la matrice della Vita e che sembra possedere una coscienza insita nella sua struttura, un mediatore-matrice tra un mondo fatto di spirito e uno fatto di materia. È il DNA il messaggio nascosto nell’episodio biblico della visione di Giacobbe e della Scala Divina, su cui salivano e scendevano angeli di Genesi 28:12 «Una scala poggiava sulla terra, mentre la sua cima toccava il cielo; e gli angeli di Dio salivano e scendevano per la scala».
Questa scala è proprio il DNA, con i pioli rappresentati dalle molecole nucleotidi, e gli angeli che salgono e scendono che, a mio parere, sono proprio i poteri mediatori (o messaggeri) tra il mondo della pura energia a quello della forma. Poteri che si esprimono attraverso le caratteristiche del suono e della luce; in breve attraverso le frequenze. È la scienza ad averlo confermato. Il biofisico e biologo molecolare Pjotr Garjajev e i suoi colleghi hanno studiato le qualità vibrazionali del DNA, dunque le sue frequenze, verificando che questo reagisce alle onde elettromagnetiche e a quelle luminose. Impiegando le giuste frequenze, il DNA è in grado di autoripararsi. All’interno di quest’esperimento, Garjajev e il suo team hanno affermato di aver anche scoperto che il DNA può creare delle interferenze nel vuoto, arrivando a produrre dei microtunnel spazio-temporali, equivalenti ai cosiddetti “ponti Einstein-Rosen” del macrocosmo. Ponti di connessione tra due livelli “multiversali” di esistenza, la cui funzione è del tutto analoga all’operato degli angeli (i messaggeri) nel sogno di Giacobbe. Questa relazione tra il DNA e la teoria del Disegno Intelligente è molto più di una chimera. Non solo i saggi compilatori della Bibbia ma anche gli antichi Greci conoscevano la struttura del DNA ben due millenni prima che Francis Crick e James Watson la scoprissero, e l’avevano eletta a emblema di medicina, simbolizzandola nel Caduceo di Hermes, caratterizzato da due serpenti arrotolati intorno a un bastone. Anche il Caduceo era simbolo sia di guarigione che del messaggero celeste. Dunque le antiche conoscenze e la più moderna scienza confermano le qualità multidimensionali del DNA e aggiungono ulteriore validità alla nuova teoria scientifica del Disegno Intelligente, che nel tempo non potrà non tenerne conto.
Abbiamo detto, infatti, che il DNA è una doppia scala a chiocciola. Questa scala necessita di dieci pioli per effettuare un giro completo, esattamente come avviene per l’Albero della Vita della Cabala, che conta dieci Sephirot. Lo studioso Stephen Skinner, nel suo saggio Geometria Sacra, ha dimostrato come il progetto geometrico del DNA si apprezzi meglio se visto dall’alto. «Se osserviamo il DNA dalla verticale – afferma Skinner – la sua struttura ricorda molto la forma della lettera greca Phi (F), cioè la proporzione aurea equivalente a 1,6180, e geometricamente consiste in una serie di pentagoni doppi che formano la vista assiale composita della doppia ellisse del DNA, la cui rotazione completa contiene dieci molecole di fosfato e zucchero. Il Phi è parte integrante della costruzione del pentagono e il patrono geometrico più importante della citata vista assiale del DNA, che rivela tre grandi doppi pentagrammi. Ogni pentagono crea un’intersezione con altri due, in modo tale che queste intersezioni presentano la proporzione aurea iscritta nella struttura assiale di questa molecola». Dunque, se il DNA è relazionato attraverso la sua struttura geometrica di base, all’intera creazione ne consegue che l’Uomo è fondato su tale Progetto Geometrico Intelligente. Non è quindi un caso se questi sia inseribile in un pentagono, visto che è il solido alla base del progetto del DNA. Non deve meravigliare, dunque, se nel corso della sua storia le civiltà hanno voluto imitare l’atto creativo divino, erigendo templi e piramidi secondo le stesse proporzioni. Questi non sono altro che simulacri della relazione vibrazionale e per derivazione geometrica esistente tra Dio, quale energia creante, e l’Uomo, quale unico essere su questo piano che non solo contiene in sé tale potenza (solo se ne è consapevole), ma che è anche in grado di renderla manifesta.
Un Universo Cosciente
Il fisico americano Andrei Linde, come molti suoi colleghi, afferma che l’Universo, o meglio, il Multiverso, possiede un’impronta uniforme e sembra essere disegnato affinché non sia l’Uomo a doversi adattare ad esso, ma il contrario. Questo Universo sarebbe strutturato per adattarsi all’Uomo. È ciò che è conosciuto come “Principio Antropico”, divulgato per la prima volta dal fisico Brandon Carter dell’Università di Cambridge nel 1973. Carter affermò che una serie casuale di leggi avrebbe lasciato l’universo morto e oscuro e che le leggi della fisica stesse, per come le conosciamo, sono “tarate” per far emergere la vita e, dunque, l’Uomo. Un’innumerevole serie di fattori concomitanti avrebbe quindi fatto sì di permettere la vita, un numero talmente alto che è contro ogni legge statistica e ogni calcolo delle probabilità, secondo questi fisici contemporanei. «La Vita non sembra essere una componente accidentale dell’Universo – ha detto Linde – ma pare esserne il suo fine ultimo. Se solo uno di questi innumerevoli fattori fosse stato solo di poco diverso da quello che è, oggi non esisteremmo». Linde ha anche speculato che la coscienza potrebbe essere una componente fondamentale dell’Universo, proprio come lo spazio e il tempo, e questo sarebbe dimostrato dalla relazione rilevata in laboratorio tra l’osservatore e le particelle osservate: le due componenti si influenzano vicendevolmente. Ciò dimostra che tutto forma un sistema unico dove la coscienza ha la sua parte. In breve, la Creazione esiste in quanto esiste qualcuno che la osserva. Non è forse questa la ragione insita nella creazione dell’Uomo, narrata da tutte le Grandi Tradizioni Spirituali di ogni epoca e luogo, semplicemente spogliata dei suoi elementi allegorici e simbolici? Non è stato sempre detto in antico che Tutto è Uno? «Senza qualcuno che osservi l’Universo – ha affermato Linde – l’Universo non esisterebbe». Anche il Fisico James Gardner si è espresso in termini simili con la sua teoria dell’Universo Autocosciente, affermando che la vita e l’intelligenza sono i primari fenomeni cosmologici e che tutti gli altri fenomeni, vale a dire ciò che la fisica definisce “costanti fondamentali” per l’Universo, sarebbero in realtà solo secondarie. Gardner ha speculato che alla base di questa creazione, nei primi momenti di vita di questo e di altri universi, vi sia stata una “forma di vita intelligente altamente evoluta” che lo ha provvisto di un “codice cosmico” (un insieme di leggi fisiche e costanti) finalizzato alla vita, in grado, una volta giunta al massimo stadio di evoluzione (consapevolezza) di ripetere il ciclo. Chi può mai essere questa forma di vita altamente evoluta alla base della creazione? Alieni? O un Super-Essere primordiale? Non si può, in effetti, escludere una forma di Coscienza Universale. L’Uomo, quale essere al massimo stadio di evoluzione, si comporterebbe come il DNA, avendo come compito quello di essere l’organo riproduttivo della creazione stessa, in grado di spargere il seme della creazione e le sue costanti geometriche in lui insite, e questo sembra essere proprio quello che ipotizzano i sue studiosi kazaki Vladimir I. shCherbak e Maxim A. Makukov . A questo punto, siamo giunti a definire quello che è lo scopo ultimo del grande Disegno Intelligente, che riunifica Scienza e Spirito, vale a dire la Coscienza/Consapevolezza.
La Creazione, frutto di un’intelligenza che è Coscienza genererebbe nuova Coscienza in forma embrionale: l’Uomo. Questi possiede i semi di questa coscienza ma li esprimerebbe solo al suo massimo grado evolutivo. Insomma, tutto nel creato sembra basarsi su un progetto preciso, e la teoria del Disegno Intelligente, nata in seno a un gruppo di scienziati che non accettano le teorie evolutive tradizionali, sebbene non parli di una divinità, a questa si lega indissolubilmente, per quanto involontariamente, essendo le sue acquisizioni del tutto sovrapponibili e corrispondenti al Sapere che da lontane epoche, civiltà e uomini sapienti, ci arriva: Tutto è Uno, quell’Uno è Dio e quel Dio è in noi.
Adriano Forgione
tratto dalla rivista X-Times n°56

venerdì 12 luglio 2013

IL TEMPIO DI FUOCO






coperto in Perù il “Tempio del Fuoco”, uno dei più antichi del centro america

Un gruppo di archeologi peruviani ha scoperto un tempio nei pressi di Lima che potrebbe essere più antico del sito archeologico di Stonehenge e, forse, il più antico mai ritrovato nelle Americhe.
L’edificio rettangolare in pietra è stato rinvenuto nel parco archeologico di El Paraiso, al nord della capitale peruviana, all’interno di un complesso di 10 edifici che furono già esplorati nel 1965.
Secondo quanto riferito dal vice ministro alla cultura Rafael Varon, la struttura potrebbe risalire al 3000 a.C, quindi anteriore sia a Stonehenge che alla Grande Piramide di Giza.
“Siamo in piena epoca pre-ceramica, in cui le civiltà vivevano di pesca e di agricoltura”, spiega Jose Hudtwalcker, archeologo del Riva y Aguero Institute di Lima. “La datazione al radiocarbonio di darà la conferma definitiva, ma non sarei sorpreso se il tempio fosse antico quanto il sito di Caral, un tempio a nord di Lima costruito circa 5 mila anni fa”.
L’edificio si estende su una superficie di circa 500 metri quadrati ed è stato intonacato con uno strato di fango e decorato con vernice rossa. Gli archeologi hanno battezzato la struttura come “Tempio del Fuoco” a causa di un camino ritrovato al centro dell’edificio che, secondo le prime ipotesi, potrebbe essere stato utilizzato come centro per le offerte sacrificali di frutti di mare e prodotti agricoli.
“Il fuoco era l’elemento principale dei loro rituali e il fumo era il mezzo per comunicare con gli dèi”, spiega Marco Guillen, che ha guidato il team di archeologi che ha fatto la scoperta. “Crediamo che El Paraiso possa fornire altre sorprese in futuro: al momento abbiamo esplorato solo l’1% del territorio”.
La realizzazione dell’intero complesso di El Paraiso ha richiesto circa 100 mila tonnellate di roccia, con un ampliamento continuato fino al 2000 a.C. L’intera area occupa circa 50 ettari di territorio.
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Da parte sua, il Ministero della Cultura spera di rendere il complesso archeologico meta di turismo culturale, impegnandosi a rafforzare la sicurezza per prevenire furti di reperti e urbanizzazione selvaggia a ridosso del sito.
“Questa scoperta conferma che la regione attorno a Lima è stata un punto di riferimento per le civiltà antiche del territorio andino, rafforzando ulteriormente la sua importanza religiosa, economica e politica d tempo immemorabile”, ha detto il vice ministro varon con un pizzico di malcelato orgoglio.

mercoledì 10 luglio 2013

AGAHTHI

fonte:   onte http://sonoconte.over-blog.it/article-il-mito-di-agarthi-...


Ritorno a parlare del mito di Agarthi, con le sue due entrate principali situate l’una al Polo Nord e l’altra al Polo Sud, secondo le leggende, la Terra Cava non è propriamente ciò che si può definire un «continente», nel senso in cui si intende questo termine quando si parla dell’Africa o dell’Asia.
È piuttosto un insieme di vaste cavità, alcune delle quali superano la superficie di paesi come la Francia o la Germania.
Esse sono collegate tra loro e ad un oceano centrale da giganteschi tunnel che contrariamente a quelli che noi abbiamo scavato in superficie, sono splendidamente illuminati e molto gradevoli da attraversare!
Questo «continente», che certuni hanno battezzato  El Dorado, altri Thule, tal altri Shangri-La, altri ancora Agarthi, comprende regioni posizionate sotto l’antica Lemuria. Sono le Americhe, il centro dell’Oceano Atlantico, il sud dell’Italia e il Mar Egeo, l’Africa nord-occidentale, l’Australia, l’India e l’Himalaya, gli stessi poli Nord e Sud.

Un gran numero di ingressi secondari permettono di accedervi attraverso un sistema di gallerie adiacenti ai tunnel della rete principale. Fra queste molteplici entrate, figurano:  quella dei Pirenei che si trova sotto il Picco di Bugarach, ad una quindicina di chilometri a sud-est di Rennes-le-Château, quella di Lhasa, in Tibet, dove esiste un passaggio segreto dopo il Palazzo del Potala,infine quella del Perù, situata sotto il lago Titicaca, dove si trova una camera ermetica dalla quale passano i traccianti magnetici provenienti da diversi pianeti della nostra galassia. La Terra Cava (per approfondire vedere QUI; ndt) fu colonizzata da numerose razze molto prima che il nostro antenato, «l’homo erectus», apparisse sulla superficie in seguito ad un incrocio genetico che coinvolse numerose civiltà extraterrestri. Il «suolo interno» del nostro Pianeta accoglie differenti popoli, tra i quali se ne distinguono alcuni in modo specifico. Uno di questi riguarda i Coloni intergalattici. Essi vengono dalle Pleiadi, dal Centauro e dalla Lyra ma anche da Bouvier (Boote; ndt), dal Cigno, da Orione, dall’Unicorno, da Cassiopea e da altri sistemi abitati della nostra Galassia. 
Vi risiedono anche parecchi gruppi Terrestri, facenti parte di civiltà scomparse o invitati a raggiungere la Terra Cava per il loro grande progresso spirituale in rapporto a quello delle popolazioni residenti in superficie.
La sua origine si perde nella notte dei tempi. Pensate, c’è chi sostiene che qui siano rifugiati i superstiti di Atlantide e di Mu. Altri addirittura, affermano che anche i misteriosi Etruschi abbiano trovato rifugio in questo regno, oltre a diverse razze aliene. Ma andiamo con ordine, cerchiamo di fare luce su questo mistero che da secoli appassiona molti di noi.
Questo antico quanto misterioso regno, si dice sia situato all’interno della Terra, e che dunque, la Terra stessa sarebbe cava. Avrebbe anche la sua capitale dal nome SHAMBALLA, situata a diverse centinaia di chilometri di profondità, sotto le montagne del Tibet. Tale regno sarebbe formato da un’innumerevole rete di grossi cunicoli, che praticamente collegherebbe tutto il globo terrestre.
Dalle cronache e dai racconti, pare si acceda attraverso degli “ingressi” estremamente ben nascosti e protetti; questi “ingressi” sono detti anche “porte spazio-temporali”.
Tali accessi sono difficilissimi da identificare, perché quasi a nessuno è concesso varcarli.


Nel 1927 apparve un saggio intitolato "Il Re del Mondo", scritto dall’esoterista francese Renè Guenon. In questo saggio l’autore, elencando miti, tradizioni, leggende e misteriose allusioni contenute nelle dottrine segrete, dimostrava l’esistenza di Agharti, della quale già aveva parlato con dovizia di particolari l’avventuriero polacco Ferdinand Antoni Ossendowski. Altre opere, di altri autori, si aggiunsero via via per opera di iniziati che pretendevano di conoscere la verità sul Regno Sotterraneo, o di esploratori che, influenzati dal gran parlare che si faceva di Agharti, pretesero di averne individuato gli ingressi segreti in India, in Nepal, nel Borneo, nelle Montagne Rocciose. Secondo alcuni autori gli ingressi di Agharti sono disseminati in tutto il mondo e sono celati nelle regioni più impervie, nei crepacci più profondi ma anche su certe cime inaccessibili e nei punti più profondi del mare.

La fondatrice della Società Teosofica, Helena Petrovna Blavatsky, chiamava Agharti, la "Loggia Bianca" e la situava su un’isola dove, in tempi remotissimi, erano atterrati i "Signori della Fiamma", semi déi provenienti da Venere.
Ma per la maggior parte degli "storici" del Regno di Sotto, il cuore di Agharti avrebbe sede sotto l’Asia Centrale, nel territorio che va dal deserto del Gobi alle montagne del Tibet e del Nepal e,attraverso una ramificazione impressionante di caverne, esso si estenderebbe sotto tutto il mondo.

La capitale di Agharti è Shambhalla, la "Città di Smeraldo", spesso citata anche dai viaggiatori medievali e ricercata invano dall’esploratore svedese Sven Hedin. A Shambhalla risiedono il Re del Mondo e il Consiglio formato dai Superiori Sconosciuti. Questo consiglio è formato da dodici Savi , che sono degli Iniziati ai gradi più alti della conoscenza i quali, insieme al Re del Mondo, governano gli esseri umani
, segretamente ma efficacemente, in un eterno gioco di scacchi contro il Male. Per la maggior parte degli iniziati a Shambhalla risiedono anche i saggi Guru e gli spiriti Pandita .
   
Agharti esiste, simultaneamente,su due piani: quello fisico e quello mistico, ma in entrambi questi piani solo pochissimi illuminati (Arhat) hanno la possibilità di esservi ammessi. Può accadere di imbattersi casualmente in uno degli ingressi al Regno Sotterraneo ma, se si dovesse entrarvi, ci si perderebbe irrimediabilmente nei meandri sconfinati che perforano il sottosuolo, oppure, se anche si riuscisse a trovare una via d’uscita, non si ricorderebbe nulla di ciò che si è visto o appreso. Perlopiù, in ogni modo, accedere ad Agharti è impossibile perché i suoi abitanti, per non permettere l’ingresso al Male, avrebbero predisposto una protezione invalicabile, costituita da speciali vibrazioni che offuscano le facoltà mentali e rendono invisibili le porte del Regno.
Tutti coloro che hanno parlato di Agharti e del suo segreto dominio sull’Umanità sono d’accordo nell’affermare che i grandi moti, quelli che cambiano la Storia, sono determinati dal Re del Mondo e dai suoi Dodici Savi. Egli conosce tutti i pensieri ed i disegni di ogni uomo, segnatamente di coloro che hanno influenza sul destino dei popoli e, se questi somigliano al volere di Dio, li asseconda oppure li stronca. I Templari Confederati di Agharti, in caso di rischio di disfatta contro le forze del Male, sono in grado di far esplodere tutta la superficie del globo, trasformando la Terra in un deserto, ma potrebbero anche far sprofondare i continenti e ridurre il mondo ad un’unica palla liquida. Gli abitanti della Terra sono costantemente tenuti d’occhio da quelli di Agharti, che sono in grado di volare, invisibili, fra noi. A riprova di questo sono indicate le misteriose iscrizioni scolpite nella roccia sulle vette più inaccessibili, e quelle scanalature misteriose, come segni di ruote di carri, che, si dice, sono state lasciate dagli aghartiani in perlustrazione.
I reietti di Agharti

Nessuno è mai potuto andare ad Agharti, tornarne e vantarsene, ma esiste un popolo, fra noi, che un tempo è nato e vissuto ad Agharti: gli Zingari. Un tempo essi nacquero e vissero nel Regno Sotterraneo, ne erano cittadini a pieno diritto. Ma, un giorno, commisero qualche cosa che ad Agharti fu considerato un crimine imperdonabile. Non sappiamo cosa fosse, dato che ad Agharti non esistono Leggi, né Polizia e che è la Coscienza del male fatto l’unica punizione di chi sbaglia. Doveva trattarsi di un crimine davvero enorme. Sta di fatto che questi cittadini rinnegati furono cacciati da Agharti, divenendo Zingari, un popolo che vagabonda, incessantemente. C’è chi dice che, senza più ricordare, essi cerchino gli ingressi di Agharti e che, secondo la maledizione di cui sono vittime, solo quando avranno trovato l’ingresso e ricorderanno, potranno tornare a casa, perdonati. Una prova dell’origine aghartiana degli Zingari sarebbe la loro familiarità con l’occulto, la loro capacità di predire il futuro e di leggere la mano.
Gli abitanti di Agharti si esprimono in Vatannan , il linguaggio sacro da cui deriva la primitiva lingua Indo-europea, e vivono in edifici di luce materializzata, simili alle astronavi di Incontri ravvicinati del Terzo Tipo. Saint-Yves d’Alveydre spiega che nel Regno Sotterraneo non esistono carceri né polizia: chi commette un crimine è punito dalla coscienza di averlo commesso.
Nei templi di Agharti si trovano oggetti dagli straordinari poteri – tra cui, forse, il Graal - e immense biblioteche analoghe a quella di Babele descritta da Jorge Luis Borges. In una di esse è conservato l’originale delle “Stanze di Dzyan”, il testo che racconta le vere origini dell’universo. È impossibile portare libri fuori da Agharti: chi ne esce deve contare soltanto sulla propria memoria.
Ad Agharti – scrive Ossendowski – la scienza si è sviluppata indisturbata; poiché nulla, laggiù, è minacciato di distruzione, il popolo sotterraneo – che ora conta milioni di anime -ha raggiunto il più alto grado di conoscenza. A bordo deiVimana, essi volano per le anguste spaccature all’interno del globo, e a volte anche all’esterno. Su vette mai calcate da piede umano, si possono trovare iscrizioni scolpite nella roccia e solchi di ruote lasciate dagli Aghartiani in perlustrazione. Forse i misteriosi UFO sono proprio i loro veicoli;

martedì 2 luglio 2013

Quotidiano di storia e archeologia: Una Stonehenge in Svezia?

Quotidiano di storia e archeologia: Una Stonehenge in Svezia?: Una Stonehenge in Svezia? di Pasquale Barile Il sito megalitico di Ales Stenar in Svezia sarebbe stato costruito sul modello di Stoneheng...


Una Stonehenge in Svezia?
di Pasquale Barile 


Il sito megalitico di Ales Stenar in Svezia sarebbe stato costruito sul modello di Stonehenge.
La struttura è costituita da 59 pietre del peso di circa 2 tonnellate innalzate su di un dirupo per una lunghezza di circa 67m; oggi il sito si trova di fronte al villaggio di pescatori di Kåseberga. Da sempre il sito è stato datato a circa alla fine del I millennio d.C., ma recenti studi retrodaterebbero la struttura a circa il 2000 a.C., ovvero all’età del bronzo, facendone un osservatorio astronomico sul modello del più famoso Stonehenge.
Questa nuova interpretazione deriva dalle ricerche di Nils-Axel Mörner, geologo presso la Stockholm University, i cui risultati mostrano come il sole sorga e tramonti in un punto specifico del complesso megalitico di Ales Stenar nel solstizio d’estate e d’inverno. 
Questa importante scoperta suggerisce che la cultura che edificò il complesso monumentale ne fece una sorta di calendario astronomico per importanti cerimonie religiose legate con ogni probabilità all’agricoltura. Ulteriori ricerche hanno permesso di osservare come le forme di alcune delle pietre utilizzate per la costruzione del “calendario” ricordino molto da vicino Stonehenge. In base a tali osservazioni Mörner sostiene che il complesso megalitico di Ales Stenar è in realtà un calendario astronomico costruito sul modello di Stonehenge da una comunità scandinava vissuta durante l’età del Bronzo che aveva frequenti contatti commerciali con le culture europee e mediterranee.
Tuttavia, molti ricercatori non sono d’accordo con questa nuova interpretazione; secondo l’archeologia ufficiale il complesso megalitico di Ales Stenar non è altro che un’enorme necropoli. Secondo Martin Rundkvist, archeologo svedese e direttore della rivista di archeologia Fornvännen, in Svezia sono molto frequenti queste strutture e la maggior parte di esse sono datate all’età del Ferro svedese, 500 – 1000 ce circa, inoltre la loro funzione è esclusivamente quella di segnacoli per sepolture. A minare ulteriormente la teoria di Mörner sono le datazioni al C14 effettuate ad Ales Stenar, che hanno restituito delle date risalenti a circa 1400 anni fa, molto lontane dall‘ipotesi “Stonehenge“.
Secondo Rundkvist il popolo che costruì Ales Stenar era un popolo di guerrieri e navigatori che disposero le pietre riproducendo la sagoma di una nave per segnare le loro tombe. Un mondo fatto di acciaio e guerre, di saccheggi e ricchi bottini che ispirò la leggenda di Beowulf.

Altri studi:

Nel 1989, nel corso dei primi scavi archeologici effettuati per indagare scientificamente il sito e determinarne la datazione, gli archeologi trovarono una pentola di creta decorata, con ossa umane bruciate all'interno del cerchio di pietra. Le ossa si pensa derivino da una pira funeraria e solo successivamente furono rinchiuse nel contenitore di argilla e interrate. Infatti, nella pentola, furono ritrovati oggetti che appartenevano a diversi secoli; mentre alcuni appartenevano al 330 - 540 d.C., altri, come un pezzo di cibo carbonizzato, erano del 540 - 650 d.C. Gli archeologi che lavoravano al progetto trovarono anche carbone di betulla risalente al 540 - 650 d.C. sotto un macigno. Secondo il Riksantikvarieämbetet, la commissione svedese per i beni culturali, la datazione al carbonio-14 del materiale organico dal sito indica che sei campioni sono del 600 d.C. circa, mentre un campione è del 3.500 a.C. I campioni divergenti provengono dalla fuliggine, la quale ricopriva alcune pietre ritenute resti di un vecchio focolare, che si trovava in prossimità della nave. Sulla base di questi risultati, il Riksantikvarieämbetet ha determinato in 1.400 anni la data di realizzazione del sito archeologico, che pertanto risale ad un periodo prossimo al 600 d.C.

Fonte: http://www.ancientworldmagazine.net

sabato 15 giugno 2013

nativi americani le migrazioni

I nativi americani discendono da tre migrazioni


luglio 12, 2012

tags: clovis.Due recenti studi, pubblicati sulle riviste Science e Nature, sostengono l’idea che i primi migranti ad arrivare in America attraversarono lo stretto di Bering circa 15.000 anni fa, si spostarono lungo la costa del Pacifico e solo in seguito nell’entroterra.



I campioni di feci fossili – i coproliti – trovati nelle grotte dell’Oregon mostrano che due distinte civiltà vissero fianco a fianco più di 13.000 anni fa. E un’analisi genetica dei nativi americani indica che, nella preistoria, Nord e Sud America furono interessate da almeno tre ondate migratorie provenienti dall’Asia.





(University College London)

Per decenni, gli archeologi hanno ritenuto che i primi americani furono i “Clovis”, noti per aver prodotto delle caratteristiche punte di lancia intorno ai 13.000 anni fa. Ma negli ultimi anni, hanno scoperto anche le prove di occupazioni pre-Clovis dal Pacifico fino al sito di Monte Verde, in Cile, datato a più di 14.000 anni fa. Tra questi ritrovamenti, vi sono anche i coproliti delle grotte di Paisley nell’Oregon.



Tecnologie distinte



Il DNA e il carbonio estratto dai coproliti, insieme ai manufatti in pietra trovati nelle grotte, suggeriscono che chi li depositò era distinto dai Clovis anche se viveva in America nello stesso periodo, tra i 13 e 14.000 anni fa.



Le strette punte di Paisley ne ricordano altre trovate negli Stati Uniti occidentali, ma si distinguono dalle più ampie punte Clovis, suggerendo che chi li produsse era di una civiltà diversa.



“Attualmente non ci sono tracce di Clovis o dei loro precursori nelle grotte, e ciò suggerisce che qui, nello stesso periodo, vi erano almeno due tecnologie”, dice Dennis Jenkins, archeologo presso la University of Oregon a Eugene.



Secondo Michael Waters, archeologo presso la Texas A & M University di College Station, ci sono poche prove del viaggio lungo la costa del Pacifico, in particolare in Alaska. Ciononostante questo percorso ha più senso rispetto a una migrazione interna, nella quale l’uomo si troverebbe ad affrontare diversi climi, fonti di cibo e animali pericolosi. “Se [invece] si viaggia lungo la costa, i mammiferi marini sono abbastanza consistenti e ci si può muovere in fretta”.





Punte di Paisley (University of Oregon)



La caratteristica punta Clovis (CAROLINA BIOLOGICAL SUPPLY CO/VISUALS UNLIMITED/SPL)

Storia genetica



Anche i genomi dei nativi americani contemporanei indicano una veloce migrazione costiera, dice David Reich, genetista della popolazione presso la Harvard Medical School di Boston in Massachusetts.



Nell’indagine più completa sulla diversità genetica dei nativi americani fatta finora, il team ha studiato 17 gruppi della Siberia e 52 di nativi americani, dagli Aleut in Alaska agli Yaghan in Cile, la popolazione indigena più a sud del mondo. In totale sono state esaminate più di 300.000 variazioni di sequenza di DNA (polimorfismi a singolo nucleotide) in modo da determinare somiglianze e differenze genetiche tra le popolazioni.



Quasi tutte le popolazioni si sono originate da una singola migrazione attraverso il ponte di terra di Bering, dice Reich. Le popolazioni a Sud hanno meno diversità genetica rispetto ai loro parenti più a nord, il che suggerisce che i loro antenati viaggiarono in fretta. “Ci sono alcune prove riguardo l’espansione costiera”, dice Reich.



Sono state però scoperte due notevoli eccezioni a questo semplice modello. In primo luogo, la popolazione centroamericana che parla Chibchan ha antenati sia del Nord che del Sud America, il che si spiega con una migrazione “all’inverso” dal Sud America e il mescolamento di due popolazioni native ben distinte. In secondo luogo, i Naukan e i Chukchi del nord-est della Siberia portano il DNA dei “primi americani”. In altre parole, gli Aleut migrarono anche “indietro” verso l’Asia, portando i geni dei nativi americani.



Il team ha anche trovato tracce di due ulteriori, presumibilmente successive, migrazioni dall’Asia nei genomi degli Inuit della Groenlandia e dei Chipewyan del Canada settentrionale. I discendenti delle persone migrate in queste due ondate si incrociarono poi con quelli della prima ondata, il che spiegherebbe perché gli studi genetici dei nativi americani avevano finora indicato una singola migrazione dall’Asia, mentre gli studi linguistici ne avevano individuate tre, dice Reich. La ricerca ha rivelato che gli Aleut hanno più del 50% del loro DNA dei primi americani, mentre i Chipewyan circa il 90%. I lignaggi di queste due popolazioni, dice Reich, sono inoltre più strettamente correlati alle attuali popolazioni dell’Asia orientale.





David Reich (Stephanie Mitchell/Harvard Staff Photographer)

I Clovis e gli abitanti delle caverne di Paisley probabilmente discendono entrambi dalla prima migrazione asiatica, ma non è chiaro quando e dove divennero gruppi distinti, o se la loro eredità genetica sia sopravvissuta, dice Eske Willerslev, genetista evolutiva presso l’Università di Copenaghen, coinvolta nelle ricerche su Paisley.



Gli studi del DNA antico potrebbero essere in grado di fornire le risposte. Il DNA mitocondriale recuperato dai coproliti è simile a quello di alcune popolazioni asiatiche e native americane contemporanee. Willerslev dice che il DNA nucleare dei coproliti – sempre che possa essere recuperato – dovrebbe mostrare dove e se esistono ancora dei discendenti diretti viventi. Willerslev spera di pubblicare presto il genoma di un individuo Clovis: lo scorso aprile aveva annunciato in una conferenza che la sua squadra stava sequenziando il DNA del “più antico scheletro delle Americhe”.



Nature



Università di Harvard



University College London



Università dell’Oregon



Studi (Science, Nature)



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STAZIONE DI OSSERVAZIONE BASE TERRA : Dal DNA nuove prove che i Romani sbarcarono in Ame...: Dal DNA nuove prove che i Romani sbarcarono in America prima di Colombo :: Cultural Diagnostic Nuove prove archeologiche e scientific...

ANCORA A PROPOSITO DI ATLANTIDE


L'Atlantide d'Egitto riemerge dal Mediterraneo

Si trova a 20 km a nord est di Alessandria d'Egitto. La città, scomparsa 1200 anni fa, era un importante porto nel Mediterraneo: in molti pensavano fosse solo una leggenda.

NEW YORK (WSI) - Heracleion, o anche Thonis, questo il nome della leggendaria città scomparsa 1200 anni fa, inghiottita dal mare e ora, dopo che per secoli in molti pensavano si trattasse solo di una leggenda, riapparsa, o meglio, ritrovata.
È stato un team di ricercatori dell'Istituto Europeo per l'Archeologia Subacquea che ha fatto questa scoperta nel 2000 e ora sta piano piano facendo tornare tutto in superficie.
La cosa più bella e affascinante è che stanno riemergendo statue enormi, monete d'oro, lapidi e molto altro. Inoltre e' disponibile per la consultazione la cartina geografica del sito archeologico.
Heracleion si trova esattamente a 20 km a nord est di Alessandria d'Egitto e con ogni probabilità era un importante porto commerciale, infatti sono stati ritrovati alcuni pesi di piombo di origine ateniese usati, si pensa, per pagare tasse portuali o differenti merci.
Quello che bisogna ancora capire è come questa sia scomparsa. L'ipotesi più probabile porta a pensare ad un insieme di fattori, tra cui l'innalzamento delle maree e vari cedimenti.

fonti:   http://www.wallstreetitalia.com/article/1584572/curiosita/l-atlantide-d-egitto-riemerge-dal-mediterraneo.aspx

    fonte :  http://www.dailymail.co.uk/sciencetech/article

lunedì 10 giugno 2013

ANGELI DISCESI



Angeli discesi

“Facciamo l’uomo secondo la nostra somiglianza”
Una semplice frase che racchiude il sogno di D-o e tutta la storia dell’umanità.
La creazione altro non è che il tentativo della Divinità di realizzare il suo desiderio. Creare esseri a sua immagine e somiglianza, cioè creature con il potere di comprendere e di discernere.
Finalmente, dopo tanti tentativi, tanti mondi non sopravvissuti, si era arrivati al Gan Eden. Ma, dopo la cacciata dal Paradiso e il conseguente tentativo di innalzare il livello dell’umanità dei mondi primordiali (Olamot de Tohu) con l’innesto del sangue di Adamo, non si stavano realizzando i risultati sperati.
L’umanità sembrava veramente refrattaria a fare un balzo quantico. Occorreva mettere in atto un ulteriore correttivo.

Così venne scelto un gruppo formato dai migliori Angeli disponibili. Duecento campioni, veri fuori classe, essenze del fuoco divino, portatrici ognuno di un bagaglio di informazioni indispensabili per l’evoluzione del genere umano. Informazioni preziose, che fiorivano nella luce dell’amore divino, irradiando i loro influssi per uno sviluppo allineato al progetto di fratellanza universale.

L’analisi della situazione aveva però evidenziato una criticità. Il livello di evoluzione dell’umanità era ancora così basso che l’innesto non dava proprio nessuna garanzia di riuscita. Era come mettere in contatto individui che non parlano la stessa lingua. Più ancora, esseri provenienti da diversi pianeti.

L’unica soluzione possibile era ridurre la qualità delle informazioni. Non certo nella loro componente tecnologica, ma in quella spirituale. Occorreva abbassare la vibrazione, affinché il dono fosse accessibile ed utilizzabile.

Nessuno degli Angeli prescelti si tirò indietro. Ognuno di loro era consapevole del rischio che correvano, ma ognuno di loro amava D-o oltre ogni cosa.

Così pianificata ogni mossa, gli Angeli scesero lungo la scala e ad ogni gradino che scendevano, la scintilla della luce divina dentro di loro si affievoliva.

Più tardi, seguendo le istruzioni, tagliarono la loro radice divina. Tutti insieme, stretti in una alleanza che non permetteva defezioni. Quel taglio, quella separazione privò tutta quella conoscenza, di cui gli Angeli erano portatori, della linfa della luce divina.

Fu così che l’ombra, che è insita in ogni aspetto della vita, si manifestò.
La nuova conoscenza, con tutti i suoi aspetti di ombra, era così accessibile per tutto il genere umano.

Ci volle un po’ di tempo, ma gli angeli portarono a termine la loro missione. Colmarono il bisogno manifestato dall’umanità. A quel punto, la loro esperienza, per quanto entusiasmante, eccezionale, irripetibile doveva avere fine.

Furono richiamati nei Palazzi Superiori.
La scintilla divina, affievolita, ma mai spenta, cominciò a ricevere nuova energia dalla radice divina che era stata solo temporaneamente interrotta.

In realtà non si trattava di una missione suicida, ma di un progetto che conteneva in sé il segreto della sua buona riuscita. Il segreto del numero Duecento. Il potere della magia che venne attivata per il taglio della radice. Il segreto di Etzem, l’essenza della divinità. Un livello che, una volta raggiunto, non consente in nessun modo di separarsi in modo definitivo dalla matrice originaria

Gli Angeli discesi tornarono al Padre Celeste.

Adesso la palla passava agli uomini. Il passo successivo della sfida prevede che l’umanità elevi nuovamente la conoscenza ricevuta, riportandola alla sua qualità originaria.

L’unico modo per fare questo è sviluppare la propria luce interiore fino al punto di poter illuminare tutta l’ombra insita nella conoscenza e così dissolverla.

Nella luce totale dell’amore divino non esistono odio, egoismo, invidia, avidità, si è tutti Uno con l’Io Sono.

Gli Angeli discesi ci hanno indicato la via da seguire. La via del ritorno è accessibile anche per noi. La via del ritorno è l’unica opzione per tutti noi, sempre più consapevoli, vita dopo vita, di essere Angeli discesi.

Perché tutto era scritto nel progetto.
Amen

Patrizia Atzilit

fonte:  http://cabala.eu/

venerdì 7 giugno 2013

il più antico rotolo della torah

La Torah è il documento primario dell'ebraismo ed è la fonte delle 613 mitzvot (613 precetti) e della maggior parte della sua struttura etica: secondo la Ghimatriah la parola ebraica Torah presenta valore numerico 611; sommando il numero 2, i primi 2 dei dieci comandamenti ascoltati dagli Ebrei direttamente dalla "bocca" di Dio, si ottiene infatti 613.


fonte: it.wikipedia.org/wiki/Torah











Il più antico rotolo completo della Torah

scoperto a BolognaSenza saperlo, l'università più antica del mondo vanta da secoli anche un altro primato, racchiuso in un preziosissimo manoscrittodi Valentina Tudisca

È stato sempre lì, sotto gli occhi di tutti, ma nessuno ne aveva mai determinato correttamente l'età. Il rotolo di pergamena conservato nella Biblioteca Universitaria di Bologna (BUB) sotto la segnatura "Rotolo 2" è il più antico testo in ebraico completo della Torah, scritto sacro della religione giudaica: è stato datato tra la seconda metà del XII secolo e l'inizio del XIII. Lo ha annunciato il Dipartimento di Beni Culturali dell'Università di Bologna.



L'autore della scoperta è Mauro Perani, docente di ebraico a Ravenna presso il dipartimento e direttore dell'Associazione Italiana per lo Studio del Giudaismo (AISG), che si è ritrovato il rotolo tra le mani mentre redigeva un nuovo catalogo della collezione di manoscritti ebraici della BUB.



La Torah, in greco Pentateuco perché costituita da cinque libri - Genesi, Esodo, Levitico, Numeri e Deuteronomio - fa parte del Tanakh, la Bibbia ebraica, che in buona parte coincide con l'Antico Testamento della religione cristiana.



A Mauro Perani - che lavora sui manoscritti ebraici da trent'anni, in particolare sulle pergamene - è stata sufficiente un'occhiata per rendersi conto dell'errore.



Un semplice esame della raffinata calligrafia orientale e della struttura del rotolo è bastata infatti a collocarlo senza ombra di dubbio in un periodo precedente al XIII secolo: un copista più tardo avrebbe rispettato la normativa sulla scrittura della Torah proposta nel XII secolo dal rabbino Mosè Maimonide, mentre chi scrisse il "Rotolo 2" non lo fece.



L'errore del bibliotecario



In realtà il "Rotolo 2" era già stato datato nel 1889, quando Leonello Modona, un ebreo che lavorò per anni nella biblioteca, aveva redatto il catalogo precedente.



Tuttavia, Modona mal interpretò lo stile della calligrafia, in cui riconobbe "un carattere italiano piuttosto goffo", e datò la pergamena al XVII secolo, ben cinque secoli dopo la datazione attuale.



Perani, in un certo senso, lo difende: "Non è un caso che Modona sia stato disorientato dai ricci delle lettere. Allora non si avevano tutti gli strumenti e le conoscenze di catalogazione di cui disponiamo oggi, che ebbero un grande sviluppo a partire dagli anni '60", spiega lo studioso.



"Per questo un aggiornamento del catalogo della BUB, che oggi contiene una quarantina di volumi, era assolutamente necessario, e sono molte le biblioteche di Bologna che avrebbero bisogno di rinnovare i propri cataloghi", continua.



Maledetta stampa



Lo studio dei rotoli è particolarmente difficile e complesso, anche per l'infausto destino a cui andarono incontro con l'avvento della stampa, nella seconda metà del '400.



"A quel punto i libri sostituirono le pergamene, e si diffuse l'infelice prassi di smembrarle per poi riutilizzarle nelle rilegature", spiega Perani.



"Risultando vecchie e poco pratiche rispetto alla nuova tecnologia, divennero fuori commercio. Ma erano comunque materiale pregiato, per cui i rigattieri non si fecero remore a venderle a pezzi ai legatori, che le riciclarono nella produzione di libri. La spietata legge del mercato valeva anche allora", continua.



"È per questo che trovare un rotolo intero è davvero raro e che, quando si studiano i rotoli, non è facile orientarsi, tra collezioni private e cataloghi di biblioteche non aggiornati", conclude.



Le analisi scientifiche



In seguito alla scoperta di Perani, che ha poi consultato anche i massimi esperti in materia, il rotolo è stato sottoposto alla prova del nove: alcuni frammenti di pelle della pergamena - lunga 36 metri e alta 64 centimetri - sono stati analizzati con la tecnica del carbonio 14.



La datazione è stata effettuata da due laboratori indipendenti, presso il Centro di datazione e diagnostica del Dipartimento di Ingegneria dell'Innovazione dell'Università del Salento e all'Illinois State Geological Survey (ISGS) della Illinois University di Urbana.



L'esame ha collocato i frammenti tra il 1155 e il 1225, confermando che appartengono al più antico rotolo in ebraico completo della Torah finora conosciuto.



"In seguito", dice Perani, "la pergamena sarà sottoposta a un'analisi del DNA, per capire da quale animale provenga la pelle, incredibilmente morbida".



"Ma prima di tutto, più banalmente, si dovrà assicurare la pergamena a due perni e fare alla membrana un check up completo", conclude.



Prospettive future



"La scoperta non solo ha un valore in sé, ma è importante anche perché il manoscritto ci permetterà di integrare il famoso codice di Aleppo, che venne in gran parte distrutto nel 1947 e presenta molte caratteristiche in comune con il 'Rotolo 2'", spiega Perani.



Ulteriori ricerche potranno inoltre far luce sulla sua provenienza e forse scoprire come la BUB ne sia entrata in possesso. Anche se si potrebbe pensare che si trovi nel posto giusto, se si considera che "Bologna" in dialetto emiliano si pronuncia "Bulàggna", e la parola ebraica corrispondente "Bo-lan-yah" significa "in essa alloggia il Signore". Senza contare che fu sempre lì che, nel 1482, venne stampata la prima edizione della Torah della storia.



"Non è escluso che, prima o poi, salterà fuori un altro rotolo ancora più antico. Per adesso, però, Bologna si gode il primato e la meraviglia di questo manoscritto bellissimo, che si piega come un vestito di seta", conclude Perani.


fonte: http://www.nationalgeographic.it/




sabato 1 giugno 2013

PRIMA DI NOI UMANI!

Scoperto l'antenato del dinosauro:


lungo tre metri, viveva in TanzaniaIl fossile dell'animale vissuto 242 milioni di anni fa, che è stato ribattezzato Asilisauro, è stato rinvenuto da una spedizione coordinata da un biologo americanoLo leggo dopo

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alilosauro, dinosauro, paleontologia, fossile, Tanzania, zambia, antartide, Christian Sidor ROMA - Aveva un corpo lungo tre metri e viveva in quella che è l'attuale Tanzania: è stato chiamato Asilisauro ed è l'antenato dei dinosauri, vissuto circa 242 milioni di anni fa, 10 milioni di anni dopo la più grande estinzione di massa della Terra, quando scomparvero 9 specie su 10. I suoi resti sono descritti sulla rivista dell'Accademia di Scienze degli Stati Uniti (Pnas) insieme con altri fossili che hanno permesso di ricostruire lo scenario precedente e successivo all'estinzione di massa avvenuta alla fine del periodo Permiano, 252 milioni di anni fa. Il lavoro si deve a un gruppo coordinato dal biologo americano Christian Sidor dell'università di Washington che ha condotto nel 2003 sette spedizioni a 'caccia' di fossili, in Tanzania, Zambia e Antartide.



In particolare, analizzando fossili scoperti e i resti presenti nelle collezioni dei musei, i ricercatori hanno cercato di creare due 'istantanee' delle specie a quattro zampe vissute circa 5 milioni di anni prima e circa 10 milioni di anni dopo l'estinzione di massa alla fine del Permiano, 252 milioni di anni fa. Fra i risultati delle spedizioni vi è la scoperta del fossile di Asilisauro, il quale mostra che i predecessori dei dinosauri hanno guadagnato terreno proprio sulla scia della più grande crisi della biodiversità del pianeta.



L'animale, faceva parte della famiglia dei rettili arcosauri che occupavano una zona geograficamente più ristretta rispetto alle comunità che esistevano prima dell'estinzione. La

ricostruzione rivela infatti che gli arcosauri vivevano in Tanzania e in Zambia, ma non erano distribuiti in tutta la Pangea Meridionale (che comprendeva quelle che oggi sono l'Africa, Sud America, Antartide, Australia e India) come era stato per altre specie a quattro zampe prima dell'estinzione. A dimostrazione, ha osservato Sidor che "le comunità sono diventate frammentate dopo l'estinzione". Prima dell'estinzione, per esempio, il Dicynodon, un animale grande quanto un maiale che somigliava a una grassa lucertola con una piccola coda e una testa simile a una tartaruga, era una delle specie erbivore dominanti in tutta la Pangea meridionale. Dopo l'estinzione di massa alla fine del Permiano, il Dicynodon scomparve e altre specie affini di erbivori diminuirono in modo così drastico che gli erbivori emergenti come gli arcosauri ebbero campo più libero. In questo modo, scrivono gli autori, gli arcosauri hanno aperto la strada alla diffusione dei dinosauri in Tanzania e Zambia molti milioni di anni prima che questi animali prendessero piede ovunque sulla Terra.

FONTE: http://www.repubblica.it/scienze