Mu. Il primo a parlare di questo continente, fu il colonnello James Churchward, un ufficiale dell' esercito britannico in India. Divenuto amico di un alto sacerdote indù, seppe da questi che nel tempio c' erano delle tavolette di argilla an...tichissime che raccontavano di una terra, la madre di tutte le civiltà, scomparsa improvvisamente che si chiamava Mu. Questo continente era una vasta pianura dal clima tropicale e dalla vegetazione lussureggiante, era un vero giardino dell' eden. Gli abitanti di Mu divisi in 10 gruppi, erano dediti all' agricoltura, alla navigazione ed al commercio e credevano nell' immortalità dell' anima. Questa antica civiltà viveva serenamente senza violenza. Finchè un giorno a causa di forti e violente eruzioni vulcaniche e giganteschi tsunami scomparve in fondo al mare lasciando miriadi di isole nel mezzo dell' Oceano Pacifico. Di questa favolosa terra ne parlano anche molti antichi testi buddisti.Visualizza altro
C’è stato un tempo remoto in cui non eravamo soli. Un passato lontano durante il quale la nostra specie, Homo sapiens, ha condiviso gli ambienti della Terra con specie cugine di altri ominidi di cui però oggi non restano che fossili, mentre noi dominiamo il pianeta. Per quanto possa sembrare una dinamica lineare di competizione e selezione, in realtà il percorso evolutivo che ci ha reso umani e padroni del mondo è tortuoso e in parte oscuro, motivi per cui ancora oggi è un campo di ricerca che impegna numerosi scienziati tra i quali spicca Ian Tattersall, curatore emerito della divisione di antropologia dell’American Museum of National History, e autore di I signori del pianeta, libro inedito in Italia, in edicola con il numero di aprile di «Le Scienze» e in vendita nelle librerie per Codice Edizioni.
Quella della nostra specie è una storia lunga, e per Tattersall è meglio raccontarla dall’inizio. Vale a dire fin da quella che l’autore chiama l’età d’oro delle scimmie antropomorfe, poco più di 20 milioni di anni fa, un tempo in cui vennero poste le basi per l’evoluzione della famiglia umana, comparsa più o meno verso la fine del Miocene, circa 6 milioni di anni fa. La ricostruzione di Tattersall poggia sull’esame di numerosi documenti fossili che scandiscono il battere del tempo evolutivo, permettendo di identificare e raccontare i diversi membri della galleria dei nostri antenati, anche quelli più lontani, come i primi membri del genere Australopithecus, per poi proseguire con l’emergere del genere Homo e concludere con la comparsa della nostra specie, avvenuta circa 200.000 anni fa in Africa orientale.
Ma può bastare una ricostruzione di questo tipo per rendere conto della supremazia temporale di H. sapiens rispetto a tutti i nostri cugini? La risposta non può che essere negativa, data la
complessità del fenomeno trattato. Ci deve essere qualcosa in più che renda conto della nostra unicità, qualcosa che abbia prodotto quello che Tattersall chiama baratro cognitivo, riferendosi alla distanza siderale che separa le capacità cognitive degli esseri umani dalle capacità degli ominidi ormai estinti e delle altre specie di primati antropomorfi che osserviamo oggi o che ci hanno preceduto. Secondo l’autore, la chiave del nostro successo evolutivo è la capacità di pensiero simbolico, che a sua volta deriva dal linguaggio. Queste due caratteristiche di Homo sapiens non sarebbero però comparse parallelamente con la specie, come dimostrano documentazioni fossili secondo cui le prime «avvisaglie simboliche» compaiono solo 100.000 anni fa.
Questo snodo però potrebbe non essere mai chiarito del tutto. «Il passaggio di Homo sapiens da specie non linguistica a specie dotata di linguaggio – spiega Tattersall – è una delle trasformazioni cognitive più sbalorditive che abbiano mai interessato un organismo. I dettagli di questa transizione probabilmente ci sfuggiranno sempre, e qualsiasi ricostruzione è destinata a fornire una semplificazione eccessiva del processo».
Ma, sempre secondo l’autore, non è difficile ipotizzare, almeno in linea di principio, il modo in cui il linguaggio emerse in una piccola comunità africana di H. sapiens già biologicamente predisposti. Ecco perché è importante raccontare e conoscere la nostra storia fin dagli albori dei nostri remoti antenati. Una predisposizione biologica implica una contiguità evolutiva con altre specie passate e coeve che però non hanno avuto successo. Mentre noi siamo ancora qui a dominare il mondo, grazie a quegli antenati con capacità cognitive e simboliche che tra 60.000 e 70.000 anni fa uscirono per la prima volta dall’Africa.

Il dibattito scientifico sul periodo e le modalità della colonizzazione umana del continente americano potrebbe essere a una svolta decisiva.
La nuova scoperta, che arriva da una delle più importanti aree archeologiche dell'America, il parco naturale di Pedra Furada, ha attirato interesse nella comunità scientifica, ma anche molte critiche.
Per evitare nei prossimi 150 anni un'estinzione di massa paragonabile a quella che interessò i dinosauri 65 milioni di anni fa, è fondamentale scoprire quante specie vivono sul pianeta. Lo sostiene uno studio della Auckland University condotto in collaborazione con la Oxford University e la Griffith University, che ha valutato i tempi di scomparsa delle varie specie animali e la possibilità per gli esseri umani di catalogarle prima che scompaiano. Gli studiosi, capitanati dallo zoologo marino della Auckland University, Mark Costello, hanno analizzato numerosi studi precedentemente condotti, realizzando una meta-analisi


La cosmologia del popolo Ainu constava di sei paradisi e sei inferni dove vivevano divinità, demoni e animali. I demoni si trovavano nel paradiso basso, le divinità minori vivevano tra le nuvole nel sommo paradiso viveva Kamui, la divinità creatrice, coi suoi servi. Il suo reame era circondato da un resistente muro di metallo ed era accessibile solo tramite un grande cancello di ferro.
All'inizio non esisteva niente, solo il buio era ovunque. Improvvisamente dal buio emerse un sottile disco, giallo da un lato e bianco dall'altro, che appariva sospeso a mezz'aria. All'interno del disco siedeva un piccolo uomo barbuto, il Creatore, "Colui che vive al di sopra". Quando egli guardò nel buio ininito, la luce apparve in alto. Egli guardò in giù e divenne un mare di luce. A est, egli creò le strisce gialle dell'alba. Ad ovest, tinte di diversi colori apparvero ovunque. C'erano anche nubi di diversi colori. Egli creò anche tre altri dei: una piccola ragazza, un Dio Sole e un piccolo ragazzo. Poi creò i fenomeni celesti, i venti, la tarantola e la terra, in forma di una pallina marrone non più grande di un fagiolo, dal sudore dei quattro Dei mescolato nelle mani del Creatore. Il mondo fu espanso fino alla sua attuale forma dagli Dei che prendevano a calci la piccola palla marrone. Il Creatore disse al Vento di andare dentro alla sfera e di farla esplodere. La
Il mito della creazione babilonese è stato descritto nell'Enûma Elish, di cui esistono varie versioni e copie, la più antica delle quali è datata 1700 a.C..
Il Buddismo normalmente ignora le questioni riguardanti l'origine della vita. Il Buddha a questo riguardo disse che congetturare circa la fine del mondo porterebbe solo noia e follia.
In principio, c'era solo l'acqua. Tutti gli animali vivevano sopra di essa ed il cielo era sommerso. Erano tutti curiosi di sapere cosa ci fosse sotto l'acqua ed un giorno Dayuni'si, lo scarabeo acquatico, si offrì volontario per esplorare. Esplorò la superficie, ma non riuscì a trovare nessun terreno solido. Esplorò sotto la superficie fino al fondo e tutto quello che trovò fu del fango che portò in superficie. Dopo aver preso il fango, esso cominciò a crescere e a spargersi tutto intorno, fino a che non divenne la Terra così come la conosciamo.
Secondo il libro della Genesi, ogni cosa fu creata da Dio. La Bibbia usa generi letterari simili alle culture del tempo, ma modifica i dati cosmologici in maniera da far risaltare la sua dottrina su Dio e sulla bontà della creazione.
La Creazione della Luce, di Gustave Doré, rappresenta in modo letterale l'incipit biblico di Genesi 1:1 ("Sia la luce").
Nella mitologia egizia sono riportati tre miti cosmogonici distinti, corrispondenti a tre diversi culti dei maggiori centri sacerdotali.
Platone, nel suo dialogo Timeo, descrive un mito della creazione che coinvolge un essere chiamato demiurgo.

Il racconto incas della creazione è conosciuto grazie ai racconti tramandati dai sacerdoti oppure dalla iconografia delle ceramiche o delle costruzioni architettoniche, e grazie ai miti e alle leggende sopravvissute tra i nativi americani. Secondo questi racconti, nei tempi antichi la terra era immersa nell'oscurità. Allora, da un lago chiamato Collasuyu (adesso Titicaca), emerse il dio Con Tiqui Viracocha, portando con sé alcuni esseri umani. Allora Con Tiqui creò il sole (Inti), la luna e le stelle per illuminare il mondo. È proprio da Inti che il Sapa Inca, imperatore del Tawantinsuyu, discende. Al di fuori delle grandi caverne Con Tiqui modellò numerosi esseri umani, incluse alcune donne che erano già incinte. Allora egli mandò fuori queste persone in ogni angolo del mondo. Tenne però con sé un uomo e una donna a Cusco, l'"ombelico del mondo".
Nell'Islam ogni creazione è attribuita ad Allah (il nome di Dio in arabo). Egli è l'unico Dio per i musulmani. È chiaramente identificato come la "prima causa" in numerosi versetti del Corano. In quanto Creatore ed Eterno e in considerazione dell'impossibilità della materia greggia (madda) di sussistere senza il Suo continuo intervento, a Lui è attribuita la proprietà di qualsiasi atto creato, ivi compreso quello apparentemente riferibile all'essere umano, il quale ne avrebbe in definitiva il solo possesso. Ecco tre esempi (I versetti citati sono presi da il Corano - introduzione, traduzione e commento di Alessandro Bausani - Firenze, Sansoni, 1961):
Odino e i suoi fratelli usarono il corpo di Ymir per creare l'universo. 
