sabato 20 aprile 2013

GILGAMESH: trà mito, leggenda e...( il fumeto è di Robin Wood e Lucho Olivera ,il testo è tratto da :DELOS 35:fantasia&nuvole

Può il fumetto sconfinare nel mondo letterario dell'epica? E' possibile utilizzare il medium delle nuvole parlanti per trattare in modo serio, magari anche con efficacia, i temi drammatici e vibranti della mitologia? Non affrettatevi a pensare a Hercules e a rispondere "no". Come sempre, è questione di mestiere, di misura e di talento. C'è chi ha lavorato con più sensibilità della Disney, qualcuno che ha pensato più al gusto che al botteghino, qualcuno che ha ricavato dal tentativo (certo non facile) un'opera oggettivamente notevole. Stiamo parlando di Robin Wood e Lucho Olivera, autori del fumetto mitologico-fantastico Gilgamesh. 
La storia

Era l'anno 4000 avanti Cristo. Mio padre regnava su Uruk, la più splendida città della terra tra i due fiumi; sotto la sua guida i sudditi prosperavano e i sacerdoti davano nome alle cose che ancora non lo avevano; ed erano molte, perché il mondo era giovane...
Con queste parole Robin Wood e Lucho Olivera ci introducono alla storia di Gilgamesh, dando forma e colore (col coraggioso mezzo espressivo del fumetto) a una delle più antiche saghe epiche dell'umanità, una saga nata ancor prima della stessa invenzione della scrittura.
In breve, la trama: il mitico re sumero Gilgamesh, un eroe pre-omerico, una figura epica ammantata d'una oscura grandezza, è ossessionato dall'idea della propria morte: egli crede che un monarca assoluto, padrone della terra e dei propri sudditi, non dovrebbe essere costretto a seguire la sorte dei comuni mortali, e non capisce perché gli dei abbiano disposto altrimenti. Egli ascolta i saggi, interroga gli oracoli, senza trovare mai le risposte che cerca. Un oscuro destino sembra incombere su di lui: le sue mogli danno alla luce solo bambini morti; gli indovini predicono che egli stesso sarà successore della sua stirpe, che si perpetuerà nella sua stessa carne; una profezia ermetica che lo ossessiona, che lo spinge a lasciare Uruk e a vagare per il mondo in cerca di un segno che gli mostri la Via.
Finché, un giorno, peregrinando nel deserto, egli si imbatte in Utnapistim, un personaggio che nella mitologia sumera corrisponde al Noè biblico. Utnapistim non è più un uomo: egli ha ricevuto dagli dei il dono assoluto: l'immortalità, proprio ciò che Gilgamesh ha sempre cercato.
Dove si ferma il mito, il fumetto prosegue. Con una trovata felice, Wood inserisce una variazione sul tema: nella sua "vulgata" Utnapistim viene addirittura da Marte. Gilgamesh vede il "carro di fuoco" alieno schiantarsi sulle montagne e si precipita in soccorso, impavido di fronte all'ignoto come solo gli eroi epici sanno essere. In cambio dell'aiuto ricevuto, il visitatore extraterrestre donerà al terrestre la vita eterna, che la superiore tecnologia marziana mette facilmente a disposizione (in questa visione, Utnapistim diventa un autentico "deus ex machina").
Tornato a Uruk, al suo trono, Gilgamesh scoprirà però che l'immortalità può essere un dono avvelenato, perché il baratro della morte lo separa definitivamente dai suoi simili. Odiato dai sudditi, respinto dai suoi cari, il re dovrà lasciare il suo trono e svanire nell'ombra. Da quel momento in poi egli vivrà nel mistero, e sarà testimone delle vicende umane senza mai rivelare la sua natura di immortale, mentre le sue tracce faranno inevitabilmente sorgere leggende come quella dell'ebreo errante. Vivremo con Gilgamesh la grandezza e la caduta dell'impero Assiro, ci commuoveremo con lui su un colle presso Gerusalemme all'ombra di tre croci, navigheremo in sua compagnia sulle navi dei conquistadores, combatteremo al suo fianco nelle mille guerre della storia umana...
Al termine di questa furiosa cavalcata nei secoli, Gilgamesh assisterà con orrore impotente alla fine della razza umana, sterminatasi in un conflitto senza senso né pietà. Rimasto unico essere vivente su una Terra ridotta a un deserto radioattivo, egli si assegnerà il compito di padre e custode della nuova umanità. Con un'astronave e un carico di embrioni umani ibernati, egli lascerà il nostro pianeta e i suoi miliardi di morti, andando alla ricerca di una nuova patria. Solcherà lo spazio per secoli, forse per millenni (il tempo per lui non è un problema) ma alla fine troverà un pianeta vergine su cui far nascere e crescere i suoi nuovi figli. E, chiudendo il ciclo, battezzerà il pianeta col nome della terra che lo ha visto nascere: Sumer.

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