mercoledì 20 febbraio 2013

A caccia di mutazioni recenti nel genoma umano


Nuovi imprevisti sviluppi per il DNA

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Due nuovi studi dimostrano in che modo si possono individuare nel genoma umano le mutazioni che danno un vantaggio evolutivo in epoche relativamente recenti e come verificarne gli effetti grazie a topi geneticamente modificati. L’utilità del modello animale è stata verificata su una variante del gene EDAR, presente in molte popolazioni del Sudest asiatico, che determina peli più spessi e un numero più grande di ghiandole sudoripare rispetto alla versione non mutata (red)
Per dimostrare le potenzialità di questo approccio, i ricercatori hanno caratterizzato una variante del gene TLR5 (Toll-like receptor 5) molto studiato per il suo ruolo cruciale nella risposta immunologica alle infezioni da batteri. Quando la proteina TLR5 si lega alla flagellina, una proteina fondamentale per i batteri flagellati, si attivano le cellule del sistema immunitario dell’ospite. Nel corso della sperimentazione, si è dimostrato che la versione mutata del gene TLR5, denominata L616F, produce una risposta alla flagellina significativamente ridotta.
Nel secondo studio di Yana Kamberov del Dipartimento di genetica della Harvard Medical School e colleghi hanno studiato un tipico caso di pleiotropia, vale a dire il fenomeno in base al quale un'unica mutazione genetica produce diversi nuovi tratti fenotipici. Nel caso specifico, si tratta di una mutazione a carico del gene EDAR, che codifica per il recettore dell’ectodisplasina, coinvolto nei meccanismi di sviluppo dei capelli, delle ghiandole sudoripare e di altre caratteristiche della pelle.
Grazie agli studi di popolazione si è evidenziato che quelle africane ed europee hanno una versione di EDAR molto più antica di quella della maggior parte delle popolazioni del Sudest asiatico, denominata EDARV370A. Gli individui con la versione mutata hanno capelli più spessi, ghiandole sudoripare più dense e una forma dei denti parzialmente diversa. EDAR è anche un gene che si è fortemente conservato nel corso dell’evoluzione dei vertebrati e si trova inalterato anche nel DNA di due modelli animali molto utilizzati negli studi di biologia, come il pesce zebra (Danio rrio) e il topo. Il gruppo di Sabeti ha così pensato di inserire nel genoma di topi il gene mutato EDARV370A al posto di EDAR per poi osservare gli effetti fenotipici della mutazione. In questo modo hanno verificato che gli animali con il gene mutato avevano peli più spessi del normale e un maggior numero di ghiandole sudoripare rispetto a topi di controllo, a cui cioè non era stato inserito il gene mutato. Una simulazione al computer ha poi permesso di stimare che negli esseri umani il gene è comparso circa 30.000 anni fa nella parte centrale dell’attuale Cina.
Rimane ancora da stabilire quale vantaggio evolutivo abbia portato l’evoluzione di questi nuovi tratti, un compito reso più difficoltoso proprio dalla varietà di nuovi tratti indotti da quest'unica mutazione. Tuttavia, per quanto riguarda EDAR, è possibile ipotizzare che la variante EDARV370A abbia favorito l'adattamento degli esseri umani al clima umido della Cina centrale di decine di migliaia di anni fa.

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